Geni di rischio schizofrenico in schizotipia e attenzione nei sani
GIOVANNA REZZONI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 18
maggio 2019.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste
e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Uno tra i compiti più ardui della
psichiatria contemporanea consiste nel comprendere la fisiologia e la
fisiopatologia dei livelli molecolare, cellulare e dei sistemi neuronici, che
pongono in relazione i dati genetici con le manifestazioni cliniche. In attesa
di quel cambiamento nei criteri nosografici e semeiotici che, secondo la nostra
scuola, si annuncia come una vera e propria rivoluzione, si indagano e si
analizzano i processi che collegano le varianti geniche alle categorie
psicopatologiche tradizionali.
La schizotipia
è definita come un fenotipo di rischio
multidimensionale distribuito nella popolazione generale e caratterizzato
da sintomi subclinici simil-psicotici. Questa
condizione è associata con la tendenza alla fisiopatologia psicotica, e
numerosi geni di rischio per le psicosi, in popolazioni non cliniche, sono
associate alla schizotipia. Tale fenotipo potrebbe
influenzare le fisiologiche abilità cognitive, in quanto la sua presenza è
associata a deficit dell’attenzione in soggetti non affetti da altre patologie.
Meller e colleghi hanno verificato l’ipotesi che varianti di rischio genetico
accertate, quali ZNF804A rs1344706 e CACNA1C rs1006737, siano associate con la schizotipia psicometrica e che la schizotipia
abbia influenza sull’attenzione e viceversa. I risultati dello studio sono di
sicuro interesse.
(Meller T. et
al., Associations of
schizophrenia risk genes ZNF804A and CACNA1C with schizotipy
and modulation of attention in healty subjects. Schizophrenia Research - Epub ahead of print doi: 10.1016/j.schres.2019.04.018,
2019).
La provenienza degli autori è prevalentemente la seguente: Department of Psychiatry and Psychotherapy,
Philipps-Universität Marburg and University Hospital Marburg, Marburg
(Germania); Max-Planck-Institute of Psychiatry, Munich (Germania); Institute of
Human Genetics, University of Bonn School of Medicine & University Hospital
Bonn, Sigmund-Freud-Strasse, Bonn (Germania).
L’identificazione di geni di rischio[1] ha inizialmente percorso la via della semplice analisi del linkage in
famiglie con numerosi membri affetti: si cercavano correlazioni intrafamiliari tra la psicosi e marker allelici che si riteneva fossero prossimi ai geni
direttamente responsabili dei processi alterati nella psicosi. Questa
strategia, che si è rivelata poco produttiva, ha caratterizzato soprattutto la
ricerca degli anni Novanta. Il completamento della sequenza dell’intero genoma
umano ha radicalmente cambiato la prospettiva della ricerca, consentendo di
determinare se geni codificanti proteine che si ritenevano implicate nella
fisiopatologia psicotica, come i polipeptidi recettoriali dopaminergici,
rientrassero tra i geni di elevata probabilità (rischio) di malattia
psichiatrica.
Gli studi condotti secondo questo
criterio all’inizio del terzo millennio erano generalmente limitati a meno di
100 soggetti affetti, più un numero equivalente di soggetti di controllo, e
tendevano a verificare se una variante allelica nota fosse trasmessa con una
frequenza maggiore in presenza del disturbo psicotico. La maggior parte di
questi studi dimostrava l’associazione al rischio di schizofrenia dei geni candidati,
e in tal modo si è avuta la registrazione di centinaia di ipotetici geni di
predisposizione o suscettibilità. Ma è poi accaduto che la sperimentazione di
verifica condotta su gruppi diversi di pazienti, da parte di laboratori
indipendenti, non ha confermato l’associazione, generando dubbi e dibattiti sul
metodo. Sulla base di acute analisi e articolate considerazioni, condivise dai
ricercatori protagonisti dei lavori più importanti, si è giunti alla
conclusione che quella metodologia di studio generava dei falsi positivi.
Si è convenuto che il metodo della meta-analisi fosse in grado di fornire
informazioni attendibili e accurate dai dati prodotti da tutti gli studi sotto
indagine, che riguardavano migliaia di pazienti schizofrenici o affetti da
disturbi psicotici assimilabili o accostabili alla schizofrenia.
I risultati delle meta-analisi,
contraddicendo le convinzioni della maggioranza e supportando la visione che la
nostra scuola ha posto all’attenzione della comunità psichiatrica fin dal 2003,
ossia che fosse sottovalutata l’importanza del sistema di segnalazione del
glutammato e sopravvalutata quella del sistema dopaminergico, hanno confermato
solo quattro associazioni “forti” con la subunità NR2B del recettore NMDA del
glutammato, e nessuna associazione di alleli varianti del sistema
dopaminergico.
I progressi compiuti nella
comprensione di malattie dalla genetica complessa, come il diabete di tipo II,
hanno chiarito che la stima dei comuni alleli che conferiscono un rischio
relativo, compreso fra 1.1 e 1.4, richiede l’analisi di migliaia di soggetti
mediante studi GWAS (genome-wide association studies) per raggiungere la significatività statistica.
Pertanto, numerosi istituti di ricerca e consorzi genetici per le analisi GWAS
hanno realizzato progetti di indagine su grandi numeri, seguendo rigorosamente
i protocolli procedurali ottimali, ma i risultati sono stati deludenti: con la
sola probabile eccezione di ZNF804A (vedi più avanti), non sono stati
identificati comuni alleli di rischio per la schizofrenia e altri disturbi
psicotici assimilabili.
Una possibile spiegazione di questi
risultati negativi è l’esistenza di interazioni gene-gene fra alleli comuni,
così che l’associazione non può essere rilevata testandone uno alla volta per
il polimorfismo dei singoli nucleotidi (SNP). Un’ipotesi alternativa è che il
rischio ereditabile di schizofrenia sia dovuto a mutazioni rare con elevata
penetranza. Coerentemente con questa ipotesi, vari studi GWAS hanno rivelato
rare CNV (copy number
variants) associate alla probabilità di psicosi.
Meller e colleghi hanno condotto uno studio di analisi per verificare se le
varianti di rischio ZNF804A rs1344706 e CACNA1C rs1006737 siano associate con
la schizotipia diagnosticata secondo i criteri
psicometrici correnti e che le basi cerebrali del tratto schizotipico
siano associate ad alterazioni dei processi necessari per la fisiologia
dell’attenzione.
In 615 soggetti non affetti da
patologie neurologiche o psichiatriche rilevabili e provenienti dal “FOR2107 cohort study”, i
ricercatori hanno analizzato le varianti di rischio genetico ZNF804A rs1344706
e CACNA1C rs1006737, la schizotipia psicometrica
mediante SPQB (schizotypal personality questionnaire-brief) e l’attenzione selettiva sostenuta
mediante un dato di misura neuropsicologico (test d2).
Gli alleli ZNF804A rs1344706 C, non
di rischio, erano significativamente associati con più alti punteggi parziali
di SPQ-B Cognitivo-Percettivo nelle donne e con deficit dell’attenzione in
entrambi i sessi. Questa dimensione schizotipica
mediava anche l’effetto di ZNF804A sull’attenzione nelle donne, ma non negli
uomini. CACNA1C rs1006737-A ha mostrato una significativa associazione negativa
modulata dal sesso con la schizotipia interpersonale
soltanto negli uomini, e nessun effetto sull’attenzione.
Il modello multivariato di Meller e colleghi dimostra contributi genetici
differenziati per le dimensioni della schizotipia e
dell’attenzione (solo in parte) da parte di due geni di rischio per la psicosi
schizofrenica. Tali dati supportano un’interpretazione del rapporto fra geni e
funzionamento psichico secondo un modello di influenza genetica condivisa fra schizotipia e funzioni cognitive alterate nella
schizofrenia.
L’autrice della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione
della bozza e invita alla
lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono
nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella
pagina “CERCA”).
Giovanna Rezzoni
BM&L-18 maggio 2019
________________________________________________________________________________________________________________________________________________
La Società Nazionale di Neuroscienze
BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience,
è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in
data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione
scientifica e culturale non-profit.
[1] È ormai consuetudine
pluridecennale adottare il termine italiano “rischio” per tradurre l’inglese risk, che indica un’elevata probabilità
statistica, naturalmente senza rapporti col valore semantico italiano di
prossimità al pericolo.